La situazione finanziaria in Ucraina è diventata preoccupante. Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto che alla fine del primo trimestre del 2026 il suo paese rischierà il default; dunque, non avrà più risorse finanziarie per pagare gli stipendi, pensioni, armi. Le risposte che provengono da Bruxelles non sono affatto incoraggianti. Giovedì scorso si è tenuta la conferenza stampa al termine del Consiglio Europeo in programma tra i capi di Stato. Qui ha parlato il presidente del Consiglio Europeo Antonio costa: “All’inizio di questo mese, dopo il nostro incontro informale a Copenaghen, avevo dichiarato che oggi sarebbe stato il momento delle decisioni. Lo abbiamo fatto. Su tutti i fronti”. Tra gli argomenti dibattuti si sperava che venisse trattata la questione riguardante un prestito di riparazione da 140 miliardi di euro finanziato con gli attivi sovrani russi immobilizzati. Qualche settimana prima del vertice Ursula Von der Leyen e Costa avevano paventato la possibilità di una proposta da parte della Commissione sulla possibilità di un’operazione simile entro dicembre. Ma durante il vertice del 23 ottobre non è stato discusso niente di simile, per cui non si è deciso nulla. Senza mezze misure, si può dire che Von der Leyn e Costa non sono capaci di incidere politicamente sui Ventisette.

I leader europei non sembrano per nulla propensi ad adottare una proposta del genere, temendo le complicazioni giuridiche che ne potrebbero sortire nei confronti della Banca Centrale russa, che potrebbe rivalersi giuridicamente verso quei paesi che decidono di finanziariamente l’Ucraina con risorse russe. Von Der Leyen aveva presentato la proposta di riparazione  a settembre, con il Belgio che fu tra i primi a chiedere dei chiarimenti alla Commissione sulla consistenza giuridica della proposta e le potenziali complicazioni. La verità è che molti leader europei non guardano di buon occhio la proposta della presidente della Commissione europea perché non sono stati rasserenati sulla fattibilità dell’operazione, con Von der Leyen che non ha saputo offrire risposte tecniche soddisfacenti in merito. Questo perché finora il presidente della Commissione ci ha abituato a grandi annunci che scaldano l’opinione pubblica e offrono reboanti titoli di giornale, senza tener mai conto delle complicazioni che la realtà le presenta, in questo caso la testardaggine e lo scetticismo dei Capi di Stato europei.

All’interno della burocrazia europea sono molte le lamentele verso il metodo lavorativo Costa-Von der Leyen, per quanto le rispettive “squadre” rispediscono sistematicamente le accuse di inefficienza ai mittenti, in quanto sostengono che su tutti i dossier emergenti Bruxelles sta rispondendo presente (difesa, dazi americani, economia, clima); nonostante ammettano che, effettivamente, un problema Ucraina esiste, e sembra che soluzioni non si riescano a intravedere. Intanto Costa ha rassicurato, con vivo ottimismo, che nel Consiglio Europeo di dicembre non ci saranno soltanto chiacchiere e buoni propositi: una decisione definitiva sul prestito di riparazione all’Ucraina verrà presa. Non si sa ancora se ciò prevederà la discussione di un qualche testo legislativo, né su quale strategia politica verrà proposta per trattare, convincere, gli Stati membri, nemmeno se sono previste altre forme di finanziamento per il sostegno all’Ucraina in caso dovesse rendersi impraticabile l’uso degli attivi russi. Su chi ha sollevato questioni simili il presidente Costa ha dato risposte ambigue.

La cosa certa è che per ora il duo Costa-Von der Leyen per ora si è dimostrato tutto meno che un tandem decisionista, e il Consiglio di giovedì scorso ne è la riprova. I dubbi che la prossima riunione dei ventisette possa partorire una linea concreta da adottare per aiutare l’Ucraina finanziariamente. Ciò che emerge da Bruxelles è un’assenza di strategia. L’Europa in sostanza sembra continuare a voler prendere tempo e forse è una conclusione più elegante per non ammettersi che non sa che pesci prendere.

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